La gastronomia ai tempi del Covid-19
Le sue stimabili doti in cucina lo hanno portato a girare quasi tutto il mondo. Dalle Bermuda alla Svizzera, fino alla Malesia, Pechino, Dubai, Ecuador e persino Oman. Dopo quindici anni trascorsi all’estero, Theodor Falser (47), chef stellato Michelin, ha deciso di tornare in Alto Adige. Ciononostante, è ancora ben affermato sulla scena gastronomica internazionale. Infatti, diversi progetti culinari portano la sua firma, come il ristorante italiano La Scala dell’hotel a 5 stelle di Shangai, Sukhothai, opera architettonica di design realizzata dal prestigioso duo Neri & Hu. La locale Guida Michelin 2020 annovera La Scala tra le migliori destinazioni enogastronomiche della megalopoli. Tuttavia, la diffusione del coronavirus ha modificato significativamente la realtà del settore alberghiero e della ristorazione.
Questa intervista è stata effettuata il 20.04.2020
Signor Falser, tanti albergatori e ristoratori si domandano cosa ci si deve aspettare dopo il lockdown. Lei ha già avuto modo di sperimentare questa nuova realtà a Shanghai. Come viene affrontata lì?
A Shanghai, la situazione è proiettata avanti di diversi mesi. Abbiamo attuato rigidi protocolli di prevenzione per garantire ambienti sanificati e assicurare il benessere della clientela così come del personale. Vengono mantenuti i più alti standard di sicurezza e igienico-sanitari. Tutte le aree, dove la probabilità di contatto è elevata, vengono costantemente sanificate. Inoltre, sono previsti controlli della temperatura corporea per gli ospiti e i collaboratori che entrano ed escono dall’albergo, nonché l’uso di guanti e mascherine protettive, la sanificazione di tavoli e sedie a seguito del loro utilizzo, la pulizia e la disinfezione accurata di camere e suite – sia prima che dopo averci soggiornato – e molto altro. Per giunta, ogni settimana, vengono sanificati gli impianti di climatizzazione, ai quali viene anche cambiato il filtro. Ciascuna di queste misure non viene solo effettuata, bensì anche rigorosamente registrata.
Ciò significa che viene tutto meticolosamente documentato?
Proprio così. La misurazione della temperatura dei collaboratori e degli ospiti, ad esempio, ha un enorme vantaggio. Se qualcuno dovesse risultare positivo al test, sappiamo esattamente dove è stato e con chi è entrato in contatto. Di conseguenza, si può procedere con tutte le ulteriori prevenzioni.
A chi vengono inoltrati i dati raccolti?
Il Dipartimento della salute della municipalità di Shanghai riceve automaticamente i dati, tramite una app.
Parliamo della cucina: come si lavora?
Per prima cosa, lo staff viene sottoposto al controllo della temperatura. Dopodiché, tutta la cucina viene sanificata con un prodotto specifico e l’intera brigata deve indossare guanti e mascherine. Un timer ricorda di lavare e disinfettare le mani ogni trenta minuti mentre gli utensili vengono puliti e disinfettati ogni ora. La giacca viene cambiata due volte al giorno, i pantaloni una. All’inizio, comunicare con la mascherina era complicato, poiché la mimica facciale è nascosta, ma ci si abitua anche a questo.
In Alto Adige, i fornitori sono soliti entrare direttamente in cucina con la merce. Come vengono gestite le consegne a Shanghai?
Non ci sono rappresentanti come prima. I prodotti vengono ordinati online o per telefono. Un collaboratore prende in carico la merce e, dopo averla controllata, la disinfetta con una soluzione a base di cloro suddividendola poi in diversi contenitori. In cucina non entra nessun cartone proveniente dall’esterno. Questo vale anche per la merce destinata al resto dell’hotel.
È cambiata anche l’offerta gastronomica?
Serviamo i piatti di sempre, tra cui tartare e ostriche. Non ci sono restrizioni in merito. Vogliamo conservare il piacere culinario: gli ospiti non possono esserne privati.
Anche il buffet della colazione è rimasto invariato?
Sì. Gli ospiti devono indossare la mascherina e non toccare nulla direttamente con le mani. Inoltre, si utilizzano vassoi e contenitori richiudibili nonché monoporzioni.
Per quanto riguarda il service, quali misure sono state adottate?
I collaboratori del service indossano mascherina e guanti di stoffa. Non vi è alcun piatto che entra a diretto contatto con le mani. Persino i lavapiatti lavorano con guanti monouso: tutte le stoviglie vengono pulite e sanificate ad alte temperature – misurate due volte al giorno – in lavastoviglie che raggiungono i 70°-80°C.
È stato ridotto il numero di tavoli nel ristorante?
Certo. Abbiamo tolto qualche tavolo, così da rendere più sicuro anche il passaggio del personale. Da ottantasette posti iniziali, adesso se ne contano cinquantotto.
Bisogna fare molti sforzi. È economicamente proficuo?
Ottima domanda… Ma se la legge prevede determinate disposizioni, bisogna rispettarle. Sicuramente, l’impegno così come il numero del personale è aumentato. Inoltre, lo stipendio base dei dipendenti è stato sestuplicato! Penso, in particolare, al cosiddetto “Responsabile delle misure igienico-sanitarie”, l’unico addetto a far rispettare gli standard di sicurezza, una questione di massima priorità sia per gli ospiti che per i collaboratori. Per questo, è importante fare tutto il possibile affinché vengano seguite.
Shanghai e la Cina sono realtà diverse dalla nostra. Pensa sarà possibile comportarsi allo stesso modo qui da noi?
Alcune misure saranno sicuramente le stesse. Sebbene non risulteranno rigide come a Shanghai, verranno attuate anche qui. Mai ci si sarebbe aspettati che un cuoco avrebbe dovuto lavorare con una mascherina. Eppure, d’ora in avanti, diventerà parte integrante della divisa, come il cappello forse. (sorride)